Di castagne, poi, parlano anche Marziale e Virgilio che, nei loro scritti, ne descrivono il consumo e i metodi di coltivazione di questo frutto considerato dono preziosissimo della natura: esse servivano a sfamarsi negli inverni più rigidi poiché potevano essere conservate a lungo oltre ad essere usate anche come moneta di scambio.
La Castanea sativa, appartenente alla famiglia delle Fagacee, deve il nome ad un’antica città della Tessaglia che sorgeva proprio al centro di vasti castagneti, e fu portata in Italia dai Romani. Diffusa in varie aree del Mediterraneo, dalla Turchia al Portogallo, l’esemplare più antico d’Europa risalirebbe a 3-4mila anni fa e si trova proprio in Italia, precisamente in Sicilia. In passato, molto più che oggi probabilmente, il castagno era una pianta molto rispettata poiché di essa non si buttava via nulla: il legno grosso veniva utilizzato in falegnameria, i legnetti e i rametti come legna da ardere, le foglie servivano per il composto da concime e per la lettiera degli animali, mentre il fiore, ieri come oggi, serviva da nutrimento alle api che, in questo modo, producono un miele molto aromatico. Dei frutti sono noti gli innumerevoli usi culinari mentre dal legno e dai ricci si ricava il tannino, indispensabile per la conciatura delle pelli. Il castagno, poi, è protagonista di tante leggende popolari come quella che narra di San Benedetto che permise l’apertura dei ricci delle castagne, per sfamare le popolazioni che volevano tali frutti. Quello che, però, forse non tutti sanno, è il fatto che quello che, comunemente, chiamiamo frutto del castagno, la castagna appunto, in realtà ne è il seme, mentre il frutto è il riccio che le contiene.
Adatte all’alimentazione di grandi e piccini, esse possono essere tranquillamente consumate anche da chi è affetto da celiachia, poiché non contengono glutine. Ricche di acido folico esse sono idonee anche per le gestanti e la grande varietà di minerali in esse presenti (potassio, fosforo, zolfo, sodio e magnesio) le fa consigliare anche per combattere la stanchezza.
Unico neo di questo frutto sembra essere l’alto apporto calorico: un etto di castagne fresche, infatti, contiene circa 250 calorie, 100 g di secche ne contengono 290 mentre le caldarroste 190, le più leggere sembrano essere quelle bollite che hanno circa 130 calorie. Le tante calorie, unite al grande contenuto di amido fanno sì che l’uso di castagne debba essere limitato dai diabetici, dagli obesi, da chi soffre di colite, aerofagia o di patologie del fegato.